Per prevenire bisogna sapere che cos’è la salute Nel 1948, L’OMS, organismo sovranazionale, nasceva sotto l’egida dell’ONU in un mondo che si stava riprendendo dalla seconda guerra mondiale, dava alla salute una definizione di “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” e non la semplice assenza di malattia.
In un mondo che si stava rialzando dalle macerie della guerra dava alla salute una definizione che non è stata mai superata e che costituisce il punto di riferimento verso il quale orientare gli sforzi sia a livello individuale sia a livello politico.
Questo è il punto centrale che si traduce in prevenzione,
cioè qualcosa che spinge a trasformare un mondo di cose che non dipendono da
noi, in un mondo di cose su cui abbiamo il potere di agire trasformandole per
il meglio. È proprio questo ruolo attivo a caratterizzare la scienza medica dei
nostri giorni, differenziandola in modo decisivo da tutto ciò che l’ha
preceduta.
Circa un secolo fa, l’Italia era ancora invasa dalla malaria soprattutto la nostra regione, la Sardegna, le zone paludose in primis insieme alla malaria era molto presente la tubercolosi.
I giovani venivano sottoposti alla visita di leva e i medici militari non avevano difficoltà a capire che erano i ragazzi del popolo, perché erano i corpi stessi a raccontare la classe sociale. Circa un secolo fa, siamo ai primordi della diagnostica, ossia della diagnosi precoci e la chirurgia si limitava a pochi interventi a basso rischio.
Anche i farmaci erano pochi e spesso avevano anche un’azione incerta. Perciò conservare o recuperare la salute grazie a diagnosi precoci o interventi chirurgici risolutivi era un sogno.
La scienza medica ha conosciuto una straordinaria accelerazione che si traduce in grandi scoperte come la microbiologia con “l’inventore“ Robert KOCH Con la scoperta del bacillo della tubercolosi o anche Jules Bordette che per primo svelò come funzionano i meccanismi immunitari Frederick Banting (premio Nobel 1923 ) che scoprì l’insulina che avrebbe strappato alla morte milioni di diabetici, William Einthoven il primo a darci l’elettrocardiogramma, Karl Landsteiner il primo ad identificare i gruppi sanguigni.
Robert Sabin incominciò a sconfiggere nel 1955 la poliomielite attraverso il vaccino e nel 1945 Albert Fleming ricevette il Nobel per la scoperta casuale della penicillina il primo antibiotico. Nel 1962 Watson e Crick, anche loro insigniti del premio Nobel con una scoperta incredibile epocale. Infatti furono i primi a svelare la struttura del DNA che ha portato alla mappatura del genoma e il punto di partenza a tutta la linea di ricerca genomica.
Nel 1979 nel campo sempre della diagnostica il gigantesco progresso si è avuto con la TAC sinonimo di tomografia assiale computerizzata e successivamente nel 1980 con la RNM ossia risonanza magnetica nucleare. La ricaduta di queste scoperte e di questi progressi della scienza si concretizza nella straordinaria possibilità, tutta moderna, di mantenere la salute grazie a diagnosi sempre più precoci e a cure sempre più mirate e tempestive.
Se il primo pilastro della prevenzione è il comportamento personale che incide sulla salute per il 40%, secondo studi recenti, e quindi il non fumare, il mangiare correttamente, il fare ogni giorno un poco di moto, il secondo pilastro è certamente essere ben informati su tutte le possibilità diagnostiche e terapeutiche.
La conquista della salute non è concepibile come un compito riservato esclusivamente e unicamente agli operatori della sanità, ma deve diventare un terreno su cui si confrontano e collaborano tutti i soggetti sociali e istituzionali: le regioni, i comuni, le associazioni di volontariato, la scuola (i che ha la grande capacità di farsi promotrice di salute) le famiglie, il mondo della ricerca e della produzione.
Un compito di particolare importanza spetta ai mezzi di comunicazione (mass media, internet,) che devono svolgere la funzione di informazione puntuale e corretta sul piano divulgativo per essere accessibile e comprensibili sul piano scientifico, ed essere utili e affidabili.
Avere accesso alle informazioni, comprenderle correttamente poterne fruire per la propria salute è fondamentale per la prevenzione, e si può senz’altro dire che è un grado di sviluppo di un paese che si può valutare su due indicatori principali: l’istruzione e la sanità non si possono certamente sottovalutare o dimenticare i fattori socioeconomici che in condizioni di povertà di sottosviluppo sconfiggono crudelmente proprio la definizione di salute data dalla OMS, ma non è un caso che proprio nei paesi poveri si tenti il grande sforzo di costruire ospedali e scuole due conquiste che viaggiano insieme nella direzione di una scienza e di una cultura a favore dell’uomo
Un cittadino informato rappresenta, in buona sostanza, l’espressione di una democrazia compiuta entro la quali egli è libero di elaborare una propria posizione rispetto alle grandi conquiste mediche, etiche e scientifiche nell’atteggiamento della collettività circa un diritto alla salute ormai percepito tra i diritti fondamentali del cittadino.
C’è stata una svolta culturale, per tanti anni abbiamo parlato di “Welfare State” cioè di Stato che assiste, che cura la malattia. Il cittadino era tra “assistito“, era fruitore delle cure, utente del servizio sanitario, un ruolo passivo, ora bisogna cominciare a parlare di “Welfare Community” cioè di comunità che con i propri comportamenti protegge la propria salute. il ruolo di tutti noi diventa “attivo”: Sogno utopico o realtà a divenire?
Se ci ammaliamo diventiamo partner dei curanti e se siamo sani la nostra azione di prevenzione individuale diventa anche il beneficio per la comunità.
Questo ruolo attivo passa anche da una migliore informazione quella appunto che si intende offrire secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità tutti gli Stati che la compongono dovrebbero avere sistemi di ricerca, informazioni e comunicazione che sostengono o meglio l’acquisizione, l’effettiva utilizzazione e la diffusione di conoscenze per sostenere la salute di tutti.
Umberto Veronesi
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